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Chi striglia il suo cavallo…

3 lezioni da un gigante dell’ospitalità

Ciao,

martedì scorso mio nonno è morto.

Ho pensato tanto se scriverne o meno in questa newsletter.

Ma ho deciso di farlo perché nonno, da albergatore vecchia scuola, mi ha insegnato tantissimo di questo settore e sicuramente oggi non sarei qui a parlarti di alberghi se non fosse per lui e sicuramente non ne parlerei in questo modo se non fosse per lui.

Per cui con questa newsletter vorrei anche passare a te un po’ di suoi insegnamenti.

Sia per portare avanti la sua eredità “professionale”, sia per onorarlo in tutto quello che ha fatto per l’ospitalità.

VI PRESENTO VINCENZO PANDOLFI

A 17 anni lascia il suo paesino abruzzese nei pressi di Amatrice e si trasferisce a Roma come “ragazzo di bottega” per fare fortuna.

Inizia a lavorare negli hotel come fattorino e lifteur (il manovratore di ascensori, per intenderci) e ha la furbizia di farsi insegnare l’inglese dagli americani che sono a Roma nell’immediato dopoguerra.

Impara il mestiere, fa la gavetta e crescono le sue responsabilità.

Finché non gli viene affidata la gestione di un albergo.

Dal gestire alberghi per altri decide di passare a fare l’albergatore e prova a chiedere a una banca un prestito per comprare un albergo tutto suo. E ci riesce. E riesce a pagare il mutuo sempre con precisione svizzera.

“Sono stati 20 anni di pane e cipolle” mi dirà poi nonna Valeria, sua moglie, per simboleggiare tutti i sacrifici fatti durante quel periodo.

Ma a quel punto il peggio è passato.

L’hotel è pagato al 100% e, anzi, se ne sono comprati altri due.

“Dopotutto con 3 figli che devi fà?”, dirà anni dopo.

Sempre al lavoro in hotel.

Sempre perfettamente vestito.

Sempre a contatto con i clienti.

Quali sono 3 importanti insegnamenti che mi ha lasciato in questa sua lunga e intensa vita da albergatore?

CHI STRIGLIA IL SUO CAVALLO NON E’ CHIAMATO MOZZO

Questa frase che nonno ripeteva costantemente mi è sempre rimasta impressa nella sua semplicità, ma anche nella sua forza.

Perché anche lui era così: se dovevi fare un lavoro umile nel tuo albergo lo facevi.

Io ricordo ancora nonna aiutare a lavare i piatti fino a pochissimi anni fa, quando avrebbe potuto tranquillamente stare in ufficio o al bar a salutare e stringere la mano agli ospiti.

E invece niente: in cucina a lavare i piatti.

Quindi anche se fai un lavoro umile, ma lo fai per il tuo hotel, rimani sempre l’albergatore.

Ed è una frase che mi risuona molto quando vedo tanti direttori o albergatori di oggi che hanno pochissime competenze operative perché non hanno fatto il “mestiere” e non sanno quanto tempo ci vuole a fare un check-in, come si pulisce una camera, come si fa un Negroni o un cappuccino.

E soprattutto quando vedo direttori che non si “sporcano le mani” neanche per sogno e piuttosto lasciano nel caos un reparto dell’hotel pur di non lavare i piatti, o rifare delle camere o sistemare lo sciacquone di un bagno.

Ma soprattutto è il riconoscimento che tutti i lavori sono fondamentali in un hotel e quindi tutti i ruoli sono importanti, per quanto umili, per fornire quel servizio di alta qualità che gli ospiti cercano.

L’OCCHIO DEL PADRONE INGRASSA IL CAVALLO

Questa è un’altra grande massima di nonno.

Ed è il motivo per cui era sempre in hotel, sempre in giro, alla reception, in sala colazioni, al bar, nelle camere.

Perché era lì a vedere tutto ma anche a farsi vedere.

Perché è importante per il tuo team sapere che sei lì, sei presente sia per controllare che il lavoro venga svolto bene ma anche (se non soprattutto) per far sapere che in caso di bisogno ci sei e puoi risolvere i loro problemi e togliere loro le castagne dal fuoco.

Molti albergatori di oggi che vengono da altri settori, o non hanno avuto come guida e mentore un “old style hotelier” tendono a passare poche ore in hotel e a passarle in ufficio senza interazione diretta con lo staff e il tema di linea.

Ma l’hotel va seguito costantemente se si vuole che abbia successo e continui ad avere successo.

GLI OSPITI SONO FELICI?

Questa la domanda che faceva tutti i giorni allo staff dell’hotel.

Voleva sapere se erano contenti del loro soggiorno, se non c’erano problemi o lamentele e se c’era qualcosa sugli ospiti che avrebbe dovuto sapere.

Voleva sempre andare oltre il semplice “ospite soddisfatto”. Voleva che l’ospite fosse felice, che avesse un soggiorno fantastico, qualcosa di cui parlare a casa.

Perché aveva capito che tutto, alla fine, dipendeva dalla felicità degli ospiti.

Senza di quella non si andava da nessuna parte.

ALLA FINE DELLA NOTTE

Nella sua vita da albergatore nonno ha insegnato tanto a tante persone.

Non solo a me e ai suoi figli e nipoti. Ma a intere generazioni di direttori, albergatori e lavoratori nel nostro magnifico settore.

E ha insegnato che coloro che, come lui, hanno creato il settore dell’ospitalità in Italia, ne hanno capito profondamente i suoi segreti.

E, anche se l’innovazione e la tecnologia li avevano lasciati un po’ indietro, conoscendo questi segreti avresti avuto un hotel di successo.

Ciao nonno.

Grazie di tutto.

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