Ciao,
buon lunedì,
Una delle notizie principali della settimana scorsa è stata quella dell’Hotel Homie di Rimini che ha annunciato il primo hotel con solo una persona di staff (almeno così veniva “venduto” dalle varie testate che hanno riportato la notizia).
Questa notizia mi ha fatto molto ragionare sull’attuale situazione dell’hotellerie, sulle sue sfide contemporanee e le difficoltà che sta incontrando.
Nel corso del tempo, come è successo per ogni azienda, anche il settore alberghiero ha rincorso un aumento della produttività
La produttività è un indicatore molto semplice: è il rapporto tra input e output.
Se faccio entrare in fabbrica 100kg di acciaio (input), dopo che l’avrò lavorato, quanti kg usciranno (output)?
Se ho 100 dipendenti (input) quanti prodotti finiti riesco a produrre (output)?
Se ho 25 membri del team nel mio hotel (input) quanti clienti riesco a servire (output)?
Quindi negli hotel ci siamo fatti la domandona: “quanti clienti può servire una sola persona?”.
E abbiamo cercato di ottimizzare questo parametro.
Abbiamo industrializzato il servizio, ovvero ciò che non doveva essere industrializzato.
Abbiamo trasformato i nostri ospiti in clienti, abbiamo iniziato a vendere camere e modificato i membri del nostro team in robot che svolgono il compitino.
Abbiamo creato un turismo che spinge i clienti a scegliere sulla base del prezzo.
Perché?
Perché nella ricerca dell’ottimizzazione dell’utile ci siamo focalizzati sulla minimizzazione dei costi, pagando il personale il meno possibile (sì, pagare a livello di CCNL vuol dire LETTERALMENTE pagarlo il meno possibile) e puntando il mirino sugli intermediari (per poi accorgerci che disintermediare costa).
Il punto però è che siamo stati ciechi, o perlomeno orbi, nel guardare alla formula della produttività.
Se la formula della produttività è il rapporto tra input e output per migliorare il risultato si può sia diminuire l’input che aumentare l’output
Noi ci siamo focalizzati sulla diminuzione dell’input (qual è il numero minimo di persone che mi servono per gestire quest’hotel dato il fatturato?) piuttosto che sull’aumento dell’output (qual è il ricavo massimo che posso generare in quest’hotel?)
Come si può quindi massimizzare l’output?
Aumentando la disponibilità a pagare da parte dei clienti, e quindi aumentando il valore percepito.
Per aumentarne il valore, a parità di input (quindi senza investimenti, senza nuovi servizi, senza nuovi prodotti), dobbiamo migliorare la qualità del servizio, dobbiamo fare Ospitalità (con la O maiuscola).
Ma cosa vuol dire ospitalità?
Cosa vuol dire cultura del servizio?
Vuol dire capire e anticipare il cliente
Vuol dire mettersi a disposizione del cliente per risolvere i suoi problemi
Vuol dire accompagnare il cliente nel suo percorso di scoperta
Capire e anticipare il cliente
I capoconcierge di una vola. Te li ricordi? Ne sono rimasti pochi, purtroppo, e abbiamo dimenticato i loro insegnamenti.
Il principale è sempre stato questo: conosci il cliente che hai di fronte. Capisci profondamente che persona è, qual è la sua personalità, quali sono le sue esigenze e i suoi bisogni.
Una volta che si conosce il cliente possiamo pensare di offrirgli prodotti e servizi che siano dedicati a lui e che può realmente apprezzare.
Una volta capito il cliente possiamo prevedere le sue mosse e anticiparle.
E’ così che miglioriamo la sua percezione di valore per l’hotel.
Mettersi a disposizione per risolvere i suoi problemi
Nessun soggiorno è perfetto. Però purtroppo sappiamo che molto spesso i clienti non ne parlano. Perché?
I motivi sono diversi, ma il principale è che non gli è stato detto che noi siamo qui per risolvere i loro problemi.
Proviamo a pensarci un attimo: qual è il nostro lavoro se non quello di fare in modo che gli ospiti abbiamo un soggiorno flawless, impeccabile. E di conseguenza che gli risolviamo tutti i problemi e gli ostacoli, piccoli o grandi, che si trovano davanti?
Qual è l’ultima volta che un receptionist nel nostro hotel ha completato la procedura di check-in dicendo: “Io sono Eugenio. Per qualsiasi cosa lei abbia bisogno sappia che mi trova qui. Taxi, ristoranti, musei, problemi con la camera, 4 chiacchiere. Qualsiasi cosa le serva non esiti a chiamarmi. Buon soggiorno”.
Quando abbiamo fatto l’ultima riunione con il nostro staff spiegandogli di allertare il team in caso vengano a sapere di problematiche relative al soggiorno dell’ospite?
Accompagnare il cliente in percorso di scoperta
Trovarsi in una nuova località, di fronte a persone nuove, spesso con un cultura diversa e che parlano una lingua che non si conosce.
Questo è uno dei motivi per cui viaggiare e fare turismo è eccitante, ma al contempo genera un po’ di tensione: come comportarmi in questa situazione? Quel tassista mi fregherà? Vale la pena visitare quel monumento?
In più spesso l’hotel stesso è interessante da “esplorare”: chi sono le persone che ci lavorano? Qual è la storia? Quali attività “nasconde”?
E’ compito dell’ospite (inteso come colui che ospita) accompagnare il viaggiatore nel suo percorso di scoperta.
Mostrargli i ristoranti in cui gli viene servito cibo vero locale, fargli capire le caratteristiche della popolazione e le usanze locali.
E insegnargli anche qualcosa di nuovo:
“Vorrei farle provare un cocktail nuovo! Preferisce gusti dolci o amari?”
Quand’è l’ultima volta che il nostro barman ha posto questa domanda ai nostri ospiti?
Dobbiamo rifocalizzarci sul servizio al cliente, sul dargli valore.
Oppure, come ha fatto l’hotel Homie, puntare sulla riduzione dei costi, finché un competitor non li ridurrà quanto noi, dopodiché dovremo ridurli ancora…e ancora…e ancora…e ancora. Good luck with that!